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Boletín mexicano de derecho comparado

versión On-line ISSN 2448-4873versión impresa ISSN 0041-8633

Bol. Mex. Der. Comp. vol.55 no.164 Ciudad de México may./ago. 2022  Epub 14-Jun-2024

https://doi.org/10.22201/iij.24484873e.2022.164.18089 

Articoli

Animali, senzienza e specismo nella disciplina giuridica sovranazionale europea

Animals, sentience and speciesism in the European supranational legal framework

* Dottore di ricerca in Bioetica, Università degli Studi di Genova. Avvocato presso la Corte d’Appello di Genova. Recapito: Piazza Mazzini n. 46, 16038 Santa Margherita Ligure (Genova-Italia), e mail: donadoni@comunesml.it


Ripreso

L’analisi delle fonti sovranazionali europee, Unione europea e Consiglio d’Europa, mostra che il concetto di animale viene articolato su una pluralità di categorie giuridiche che richiedono di necessità di ricorrere al plurale: non esiste “l’animale”, come categoria unitaria e compatta, bensì “gli animali”, ognuno con sue specifiche caratteristiche, destinatari di volta in volta, di peculiari discipline e tutele. Nel corso del tempo si ravvisa l’emergere della consapevolezza, mutuata dall’incremento delle conoscenze scientifiche, della capacità di alcuni animali di provare piacere, dolore, paura, angoscia, etcétera, caratteristiche che ne fanno “esseri senzienti” e richiedono una crescita di attenzione e di tutela. Il quadro complessivo, tuttavia, risulta ancora talora ambiguo e comunque in progressiva evoluzione. L’Unione europea ha previsto di predisporre una nuova e coordinata disciplina della materia entro la fine del 2023.

Parole chiave: Animali; diritto; Unione europea; Consiglio d’Europa; esseri senzienti; benessere animale

Abstract

The analysis of European supranational sources, the European Union and the Council of Europe, shows that the concept of animal is articulated on a plurality of legal categories that require the need to use the plural: there is no "animal", as unitary and compact category, but rather "animals", each with its own specific characteristics, recipients from time to time, of particular disciplines and protections. Over time we can see the emergence of awareness, borrowed from the increase in scientific knowledge, of the ability of some animals to feel pleasure, pain, fear, anguish, etcetera characteristics that make them "sentient beings" and require a growth of attention and protection. The overall picture, however, is still sometimes ambiguous and in any case in progressive evolution. The European Union has planned to prepare a new and coordinated discipline on the subject by the end of 2023.

Keywords: Animals; law; the European Union; the Council of Europe; sentient beings; animal welfare

Sommario: I. Premessa. II. L’Europa. III. Considerazioni finali. IV.
Bibliografía.

I. Premessa

Il concetto di animale è oggetto di una costante messa in discussione e rielaborazione nel continente europeo, sull’impulso del movimentismo animalista e delle teorie che fondano la rilevanza della “questione animale” in ambito filosofico e giuridico, in particolare aprendo ad ipotesi di ampliamento della soggettività oltre l’humanum. Ciò ha portato a differenze radicali nell’impronta dei singoli ordinamenti, come mostrano gli studi comparativistici1 (la riforma più recente riguarda l’Italia che, mediante la L. cost. 1/2022, ha modificato i Principi fondamentali della Carta costituzionale introducendo all’articolo 9 una «riserva di legge» per la disciplina di regolamentazione e tutela degli animali)2,ma anche - prima facie - ad un percorso di progressivo affinamento della disciplina da parte degli organi sovranazionali3.

In questo quadro generale, con il presente scritto si vuole tracciare il profilo della vigente disciplina europea, con riferimento all’Unione Europea e al Consiglio d’Europa, e far emergere alcune considerazioni di analisi del processo in corso.4

II. L’Europa

In Europa, a livello sovranazionale, previo un cenno alla Dichiarazione universale dei diritti degli animali della Lega Internazionale dei Diritti dell’Animale proclamata a Parigi presso la sede Unesco nel 19785 (nel preambolo afferma che «ogni animale ha dei diritti» e all’articolo 14 precisa che «devono essere difesi dalla legge come i diritti dell’uomo»; mentre all’articolo 6 lett. A definisce l’animale «compagno» del suo padrone umano e ne sancisce il «diritto ad una durata della vita conforme alla sua naturale longevità»), sotto profilo del diritto positivo comunitario distinguiamo -nella gerarchia delle fonti- tra fonti pattizie (infra II.1.), di diritto derivato primario (infra II.2.) e secondario (infra II.3.).

1. Unione europea: Trattati

Nel diritto dell’Unione europea, i Trattati istitutivi costituiscono fonti primarie cui il diritto derivato adottato dalle Istituzioni deve necessariamente conformarsi e dare attuazione. Già il Protocollo sulla protezione e il benessere degli animali,6 allegato al Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997,7 ratificato in Italia con L. 209/1998,8 poi abrogato e recuperato nell’articolo 6-ter del TFUE, parlava già di animali come sensibili e senzienti e invitava a tenere conto del loro benessere.

Successivamente9 il Trattato di Funzionamento dell’Unione europea-T.F.U.E.,10 come modificato dal Trattato di Lisbona del 13 dicembre 200711 (ratificato in Italia con L. 130/2008),12 menziona gli animali in due disposizioni normative: l’articolo 13 recita che «l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti»13 (da notare che siamo nella Parte I, «Principi», Titolo II, «Disposizioni di applicazione generale» il che -secondo autorevole dottrina- «assegna al benessere animale la connotazione di principio guida»),14 e l’articolo 36 riporta invece divieti e restrizioni giustificati da, all’interno di una elencazione più ampia, motivi di «tutela della salute pubblica e della vita delle persone e degli animali».15

2. Unione europea: Regolamenti e Direttive

Quanto invece alle fonti di diritto derivato dell’Unione europea (fonti secondarie, subordinate ai Trattati), possiamo rilevare i regolamenti (atti giuridici vincolanti, direttamente applicabili negli Stati membri) e le direttive (atti giuridici che stabiliscono obiettivi che gli Stati membri debbono raggiungere ma che necessitano -di regola, salvo poche e tassative eccezioni- di previ atti di recepimento da parte degli Stati membri). Per il tema che qui importa, elenchiamo i seguenti documenti:

  • — il Regolamento CE n. 1/2005,16 nel preambolo, al considerando 5 prevede di «creare condizioni più rigorose per evitare dolore e sofferenza, al fine di salvaguardare il benessere e la salute degli animali durante e dopo il trasporto» e, al considerando 13, da atto che «lo scarico e il successivo carico degli animali potrebbe costituire un motivo di stress per questi ultimi»;

    La concreta applicazione di questo regolamento, tuttavia, è risultata molto problematica.17

  • — Il Regolamento CE n. 1523/2007,18 nel preambolo, al considerando 1 recita «nella percezione dei cittadini dell’Unione Europea, cani e gatti sono considerati animali da compagnia, per cui non è accettabile usare le loro pellicce e i prodotti che le contengono», sicché all’articolo 3 stabilisce che «sono vietate la commercializzazione, l’importazione nella comunità e l’esportazione fuori della comunità di pellicce di cane e di gatto e di prodotti che le contengono».

  • — Il Regolamento CE n. 1099/200919, nel preambolo, al considerando 2 riconosce che «l’abbattimento degli animali può provocare dolore, ansia, paura o sofferenze di altro tipo agli animali anche nelle migliori condizioni tecniche» e all’articolo 3 c. 1 prescrive che «durante l’abbattimento e le operazioni correlate sono risparmiati agli animali dolori, ansia o sofferenze evitabili» e, a tal fine, prevede -nel prosieguo del medesimo articolo- che gli animali «a) ricevano conforto fisico e protezione, in particolare tenendoli puliti e in condizioni termiche adeguate ed evitando loro cadute o scivolamenti; b) siano protetti da ferite; c) siano trattati e custoditi tenendo conto del loro comportamento normale; d) non mostrino segni di dolore o paura evitabili o comportamenti anomali; e) non soffrano per la mancanza prolungata di cibo o acqua; f) non siano costretti all’interazione evitabile con altri animali che potrebbe avere effetti dannosi per il loro benessere».

  • — Il Regolamento CE n. 1223/200920 all’articolo 18 (rubricato: «sperimentazione animale») sancisce i seguenti divieti: «a) l’immissione sul mercato dei prodotti cosmetici la cui formulazione finale sia stata oggetto, allo scopo di conformarsi alle disposizioni del presente regolamento, di una sperimentazione animale con un metodo diverso da un metodo alternativo dopo che un tale metodo alternativo sia stato convalidato e adottato a livello comunitario, tenendo debitamente conto dello sviluppo della convalida in seno all’OCSE; b) l’immissione sul mercato dei prodotti cosmetici contenenti ingredienti o combinazioni di ingredienti che siano stati oggetto, allo scopo di conformarsi alle disposizioni del presente regolamento, di una sperimentazione animale con un metodo diverso da un metodo alternativo dopo che un tale metodo alternativo sia stato convalidato e adottato a livello comunitario, tenendo debitamente conto dello sviluppo della convalida in seno all’OCSE; c) la realizzazione, all’interno della Comunità, di sperimentazioni animali relative a prodotti cosmetici finiti, allo scopo di conformarsi alle disposizioni del presente regolamento; d) la realizzazione, all’interno della Comunità, di sperimentazioni animali relative a ingredienti o combinazioni di ingredienti allo scopo di conformarsi alle disposizioni del presente regolamento, dopo la data in cui dette sperimentazioni vanno sostituite da uno o più metodi alternativi convalidati».

  • — Quanto agli animali da compagnia, sono in vigore il Regolamento CE n. 576/2013,21 che stabilisce la disciplina per i movimenti degli animali da compagnia a scopi di polizia sanitaria per la tutela della salute pubblica e animale, e il Regolamento CE n. 577/2013.22

  • — Nel Regolamento CE n. 625/2017,23 Il pericolo, che nel precedente Regolamento CE n. 178/2002, veniva riferito esclusivamente alla salute umana, viene invece definito come «qualsiasi agente o condizione avente potenziali effetti nocivi sulla salute umana, animale o vegetale, sul benessere degli animali o sull’ambiente». Un cambiamento radicale.24 D’altronde nel Considerando 1 il Regolamento premette che «il trattato sul funzionamento dell’Unione europea (T.F.U.E.) stabilisce che nella definizione e nell’attuazione delle politiche e delle attività dell’Unione sia garantito un elevato livello di protezione della salute umana e animale nonché dell’ambiente», e nel Considerando 7 afferma che «l’articolo 13 T.F.U.E. riconosce che gli animali sono esseri senzienti. La legislazione dell’Unione in materia di benessere degli animali impone a proprietari e detentori di animali e alle autorità competenti di rispettare gli obblighi in materia di benessere degli animali al fine di garantire loro un trattamento umano e di evitare di cagionare loro dolore e sofferenze inutili. Tali norme sono basate su prove scientifiche e possono migliorare la qualità e la sicurezza degli alimenti di origine animale».

  • — La Direttiva 98/58/CE del 20 luglio 1998,25 prevede che «gli Stati membri provvedono affinché i proprietari o i custodi [n.d.r. degli allevamenti] adottino le misure adeguate per garantire il benessere dei propri animali e per far sì che a detti animali non vengano provocati dolori, sofferenze o lesioni inutili» (articolo 3), nell’Allegato si prevede che «gli animali malati o feriti devono ricevere immediatamente un trattamento appropriato» (n. 4), «la libertà di movimento propria dell’animale, in funzione della sua specie e secondo l’esperienza acquisita e le conoscenze scientifiche, non deve essere limitata in modo tale da causargli inutili sofferenze o lesioni. Allorché è continuamente o regolarmente legato, incatenato o trattenuto, l’animale deve poter disporre di uno spazio adeguato alle sue esigenze fisiologiche ed etologiche, secondo l’esperienza acquisita e le conoscenze scientifiche» (n. 7), «la circolazione dell’aria, la quantità di polvere, la temperatura, l’umidità relativa dell’aria e le concentrazioni di gas devono essere mantenute entro limiti non dannosi per gli animali» (n. 10), «gli animali custoditi nei fabbricati non devono essere tenuti costantemente al buio o esposti ad illuminazione artificiale senza un adeguato periodo di riposo. Se la luce naturale disponibile è insufficiente a soddisfare le esigenze comportamentali e fisiologiche degli animali, occorre provvedere ad una adeguata illuminazione artificiale» (n. 11), «nessun animale deve essere custodito in un allevamento se non sia ragionevole attendersi, in base al suo genotipo o fenotipo, che ciò possa avvenire senza effetti negativi sulla sua salute o sul suo benessere» (n. 21). Queste e altre misure mirano a garantire una qualità della vivibilità dell’ambiente per gli animali.

  • — La Direttiva 2010/63/UE del 22 settembre 201026 sembra essere l’unica al mondo che si pone come obiettivo finale la piena sostituzione dell’uso degli animali a fini scientifici.27 Nelle premesse si rileva che «sono disponibili nuove conoscenze scientifiche per quanto riguarda i fattori che influenzano il benessere degli animali e la capacità degli animali di percepire ed esprimere dolore, sofferenza, angoscia e danni duraturi. È pertanto necessario migliorare il benessere degli animali utilizzati nelle procedure scientifiche innalzando le norme minime per la loro protezione in linea con i più recenti sviluppi scientifici» (n. 6), «la presente direttiva dovrebbe riguardare anche le forme fetali di mammiferi, in quanto vi sono prove scientifiche che dimostrano che tali forme nell’ultimo terzo del periodo del loro sviluppo sono a maggior rischio di provare dolore, sofferenza e angoscia, che possono anche influire negativamente sul loro successivo sviluppo. Le prove scientifiche dimostrano inoltre che le procedure eseguite su forme embrionali e fetali in una fase iniziale dello sviluppo potrebbero provocare dolore, sofferenza, angoscia o danni duraturi» (n. 9), «gli animali hanno un valore intrinseco che deve essere rispettato. Vi sono anche le preoccupazioni etiche del pubblico in generale per quanto riguarda l’uso degli animali nelle procedure. Pertanto, gli animali dovrebbero sempre essere trattati come creature senzienti e il loro uso nelle procedure dovrebbe essere limitato alle aree che possono in ultima analisi giovare alla salute umana o animale o all’ambiente. L’uso di animali a fini scientifici o educativi dovrebbe pertanto essere preso in considerazione solo qualora non sia disponibile un’alternativa non animale» (n. 12), «l’uso di metodi inappropriati per uccidere un animale può causare dolore, angoscia e sofferenza significativi all’animale» (n. 15), «per migliorare la trasparenza, facilitare l’autorizzazione del progetto e fornire strumenti per monitorare la conformità, è opportuno introdurre una classificazione di gravità delle procedure sulla base dei livelli stimati di dolore, sofferenza, angoscia e danno duraturo inflitto agli animali» (n. 22), «da un punto di vista etico, ci dovrebbe essere un limite massimo di dolore, sofferenza e angoscia al di sopra del quale gli animali non dovrebbero essere sottoposti nelle procedure scientifiche. A tal fine, dovrebbe essere vietata l’esecuzione di procedure che provocano forti dolori, sofferenze o angoscia, che possono essere di lunga durata e non possono essere migliorate» (n. 23), «per garantire il monitoraggio continuo delle esigenze in materia di benessere degli animali, dovrebbero essere disponibili in ogni momento cure veterinarie adeguate e un membro del personale dovrebbe essere responsabile della cura e del benessere degli animali in ogni stabilimento» (n. 26), «nella detenzione, nell’allevamento e nell’uso degli animali si dovrebbe attribuire la massima priorità a considerazioni relative al benessere degli animali» (articolo 31).

    Segue il testo vero e proprio della Direttiva la quale sancisce che «gli Stati membri provvedono affinché, ove possibile, al posto di una procedura sia utilizzato un metodo o una strategia di sperimentazione scientificamente soddisfacente che non comporti l’uso di animali vivi [...] Gli Stati membri assicurano il perfezionamento dell’allevamento, dell’alloggio e delle cure, nonché dei metodi utilizzati nelle procedure, eliminando o riducendo al minimo ogni possibile dolore, sofferenza, angoscia o danno duraturo agli animali» (articolo 3), «Gli Stati membri provvedono affinché gli animali siano abbattuti con il minimo dolore, sofferenza e angoscia» (articolo 6 c. 1), «Gli Stati membri provvedono affinché, a meno che ciò non sia inappropriato, le procedure siano eseguite in anestesia generale o locale e che sia utilizzata l’analgesia o un altro metodo appropriato per garantire che il dolore, la sofferenza e l’angoscia siano ridotti al minimo. Le procedure che comportano lesioni gravi che possono causare forti dolori non devono essere eseguite senza anestesia» (articolo 14 c. 1).

Quanto all’applicazione delle direttive in tema di tutela degli animali merita una menzione la decisione della Corte di Giustizia UE 21.5.1996, C-5/94,28 che ha sancito - con riferimento ad una fattispecie di trasporto di ovini vivi dalla Gran Bretagna alla Spagna - l’impossibilità di un controllo reciproco tra Stati sulla corretta applicazione delle direttive di armonizzazione in quanto «deve regnare fra gli Stati membri una fiducia reciproca per quanto concerne i controlli effettuati sul rispettivo territorio». Il che, ovviamente, determina una riduzione delle concrete possibilità di tutela degli animali. L’articolo 36 del Trattato T.F.U.E. non può «giustificare una limitazione delle esportazioni di merci in un altro Stato membro». In via interpretativa, pertanto, la logica del mercato e della circolazione delle merci prevale sul controllo per la tutela degli animali.

3. Unione europea: Risoluzioni

Rileva, infine, nel diritto derivato dell’Unione europea, la parte relativa a decisioni, raccomandazioni, pareri, risoluzioni, etcétera.29 A questo riguardo citiamo -in via esemplificativa- la Risoluzione30 del 3 maggio 201831 del Parlamento Europeo che, «Considerando che l’Unione si è impegnata a promuovere il benessere degli animali, proteggendo nel contempo la salute umana e l’ambiente» (considerando D), «considerando che, secondo l’indagine Eurobarometro n. 442 del marzo 2016,32 l’89% dei cittadini dell’Unione concorda nel ritenere che l’UE dovrebbe fare di più per promuovere una maggiore consapevolezza dell’importanza del benessere degli animali a livello internazionale, e il 90% dei cittadini dell’Unione concorda nel ritenere che è importante fissare norme elevate di benessere degli animali che siano riconosciute in tutto il mondo» (considerando J), «considerando che l’Unione dovrebbe impegnarsi maggiormente per integrare la promozione di elevati standard di benessere animale nell’ambito delle sue relazioni esterne» (considerando P), conclude così: «sollecita l’introduzione a livello mondiale, sulla base del modello del regolamento sui cosmetici, di un divieto sulla sperimentazione animale nel settore dei cosmetici e di un divieto sul commercio internazionale di ingredienti e prodotti cosmetici sperimentati sugli animali, che entrino in vigore prima del 2023».33

4. Consiglio d’Europa: Convenzioni

A questo punto differenziamo tra Unione Europea e Consiglio d’Europa. Quest’ultimo, infatti, non fa parte dell’Unione Europea, ma è un’organizzazione internazionale autonoma (nata nel 1949, attualmente composta da 46 membri, con sede a Strasburgo). Anche se gli Stati membri dell’Unione europea sono tutti membri del Consiglio d’Europa, le due organizzazioni sono totalmente distinte: l’Unione Europea, infatti, ha i propri Consiglio Europeo34 e Consiglio dei ministri dell’Unione Europea,35 distinti tra di loro ed estranei al Consiglio d’Europa.

Il Consiglio d’Europa36 è un’organizzazione internazionale che promuove Convenzioni a cui gli Stati membri possono o meno aderire,37 e rappresenta un riferimento sovranazionale oramai consolidato. Come vedremo nelle considerazioni conclusive, mediante un raffronto su circostanze specifiche, la sua disciplina presenta peraltro molti punti di contatto o di affinità con quella dell’Unione Europea. Verifichiamo ora i documenti più significativi rispetto al nostro tema.

  • — Nella Convenzione europea sulla protezione degli animali nel trasporto internazionale del 13 dicembre 196838 (Trattato n. 65, ratificato in Italia con L. 222/1973)39 in premessa il Consiglio afferma di essere animato «dal desiderio di evitare, per quanto possibile, qualsiasi sofferenza agli animali trasportati». La Convenzione richiede agli Stati di adottare «le necessarie misure affinché agli animali sia evitata o anche ridotta al minimo qualsiasi sofferenza» (articolo 1 c. 4), prevede che «prima di caricarli per un trasporto internazionale, gli animali devono essere ispezionati da un veterinario autorizzato del paese esportatore che riscontra la loro idoneità al trasporto» (articolo 3 c. 1), stabilisce che «gli animali che devono partorire nel periodo di trasporto o che hanno partorito meno di 48 ore prima dello stesso non devono essere considerati idonei al trasporto» (articolo 4), prevede che «il veterinario autorizzato del paese esportatore, del paese di transito o del paese importatore possono prescrivere un periodo di riposo, nel luogo che egli designa, durante cui agli animali saranno date le cure necessarie» (all’articolo 5), stabilisce che «gli animali devono disporre di uno spazio sufficiente e devono, salvo speciali indicazioni contrarie, potersi coricare» (articolo 6). Gli imballaggi per il trasporto degli animali devono «garantire la sicurezza degli animali» (articolo 6 c. 3), «durante il trasporto, gli animali devono essere abbeverati e ricevere un’alimentazione adeguata ad intervalli regolari» (articolo 6 c. 4), «gli animali non devono essere sollevati per la testa, le corna o le zampe, durante le operazioni di carico o di scarico» (articolo 8), per i trasporti lunghi di uccelli e conigli domestici «vanno messe a disposizione degli animali una nutrizione adeguata e, ove occorra, dell’acqua, in quantità sufficienti» (articolo 39 c. 3).

  • — La Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti del 10 marzo 197640 (Trattato n. 87, ratificato in Italia con L. 623/1985)41 si ispira a «principi di protezione degli animali» (articolo 2) a partire dal fatto che «ogni animale deve beneficiare di un alloggio, di un’alimentazione e delle cure che - tenuto conto della sua specie e del suo grado di sviluppo, d’adattamento e di addomesticamento - sono appropriate ai suoi bisogni fisiologici e etologici, conformemente all’esperienza acquisita e alle conoscenze scientifiche» (articolo 3), prevede «la libertà di movimento propria dell’animale, tenuto conto della sua specie e conformemente all’esperienza acquisita e alle conoscenze scientifiche, non deve essere intralciata in modo da causargli sofferenze o danni inutili» (articolo 4 c. 1), che «l’illuminazione, la temperatura, il grado di umidità, la circolazione dell’aria, l’aerazione dell’alloggio dell’animale e le altre condizioni ambiente come la concentrazione dei gas o l’intensità del rumore devono -tenuto conto della sua specie, del suo grado di sviluppo, d’adattamento e di addomesticamento- essere appropriate ai suoi bisogni fisiologici e etologici, conformemente alle esperienze acquisite e alle conoscenze scientifiche» (articolo 5), che «nessun animale deve essere nutrito in modo da causargli sofferenze o danni inutili e la sua alimentazione non deve contenere sostanze che possano causargli sofferenze o danni inutili» (articolo 6), stabilisce che «la condizione e lo stato di salute dell’animale devono essere oggetto di un’ispezione approfondita ad intervalli sufficienti per evitargli sofferenze inutili, ossia almeno una volta il giorno nel caso di animali custoditi in sistemi moderni di allevamento intensivo. Gli impianti tecnici nei sistemi moderni di allevamento intensivo devono essere oggetto, almeno una volta al giorno, di un’ispezione approfondita e qualsiasi difetto costatato deve essere eliminato nei termini più brevi. Quando un difetto non può essere eliminato immediatamente, devono essere subito prese le misure temporanee necessarie per preservare il benessere degli animali» (articolo 7).

  • — La Convenzione europea sulla protezione degli animali da macello del 10 maggio 197942 (Trattato n. 102,43 ratificato in Italia con L. 623/1985),44 nelle premesse recita: «tenuto conto dell’opportunità di assicurare la protezione degli animali destinati all’abbattimento», e «tenuto conto che i metodi di abbattimento che risparmiano nei limiti del possibile agli animali sofferenze e dolori devono avere un’applicazione uniforme nei rispettivi Paesi». Nell’articolato si legge che nell’attivazione dei mattatoi ci si deve muovere «al fine di evitare, nella massima misura possibile, di provocare eccitazioni, dolori o sofferenze agli animali» (articolo 2 c. 3) e che «ciascuna Parte contraente vigila per risparmiare agli animali abbattuti nei mattatoi o fuori di essi qualsiasi dolore o sofferenze evitabili» (articolo 2 c. 4). Infatti, «è proibito schiacciare, torcere, spezzare la coda degli animali o colpirli agli occhi. I colpi inferti senza criterio, in particolare i calci, sono proibiti» (articolo 5 c. 2); «le condizioni e lo stato di salute degli animali devono costituire l’oggetto di un’ispezione da eseguirsi almeno due volte al giorno, mattina e sera» (articolo 9 c. 1).

  • — La Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia del 13 novembre 198745 (Trattato n. 125, ratificato in Italia con L. 201/2010),46 nel Preambolo recita: «Riconoscendo che l’uomo ha l’obbligo morale di rispettare tutte le creature viventi e in considerazione dei particolari vincoli esistenti tra l’uomo e gli animali da compagnia; Considerando l’importanza degli animali da compagnia a causa del contributo che essi forniscono alla qualità della vita e dunque il loro valore per la società [...] Considerando che una norma fondamentale comune di comportamento e di prassi che porti ad una condotta responsabile da parte dei proprietari degli animali da compagnia sia un obiettivo non solo auspicabile ma anche realistico» e «nessuno causerà inutilmente dolori, sofferenze o angosce ad un animale da compagnia. Nessuno deve abbandonare un animale da compagnia» (articolo 3), «Ogni persona che tenga un animale da compagnia o che abbia accettato di occuparsene sarà responsabile della sua salute e del suo benessere. Ogni persona che tenga un animale da compagnia o se ne occupi, deve provvedere alla sua collocazione e fornirgli cure e attenzione, tenendo conto dei suoi bisogni etologici secondo la sua specie e la sua razza ed in particolare: a) rifornirlo in quantità sufficiente di cibo e di acqua di sua convenienza; b) procurargli adeguate possibilità di esercizio; c) prendere tutti i ragionevoli provvedimenti per impedire che fugga» (articolo 4), quanto all’addestramento «nessun animale da compagnia deve essere addestrato con metodi che possono danneggiare la sua salute ed il suo benessere, in particolare costringendo l’animale ad oltrepassare le sue capacità o la sua forza naturale, o utilizzando mezzi artificiali che causano ferite o dolori, sofferenze ed angosce inutili» (articolo 7), «gli interventi chirurgici destinati a modificare l’aspetto di un animale da compagnia, o finalizzati ad altri scopi non curativi debbono essere vietati, in particolare: a) il taglio della coda; b) il taglio delle orecchie; c) la recisione delle corde vocali; d) l’esportazione delle unghie e dei denti» (articolo 10), prevede infine che «solo un veterinario o altra persona competente deve procedere all’uccisione di un animale da compagnia, tranne che in casi di urgenza per porre fine alle sofferenze di un animale e qualora non si possa ottenere rapidamente l’assistenza di un veterinario o di altra persona competente, o in ogni altro caso di emergenza configurato dalla legislazione nazionale. Ogni uccisione deve essere effettuata con il minimo di sofferenze fisiche e morali in considerazione delle circostanze. Il metodo prescelto, tranne che in casi di urgenza, deve: a) sia indurre una perdita di coscienza immediata e successivamente la morte; b) sia iniziare con la somministrazione di un’anestesia generale profonda seguita da un procedimento che arrechi la morte in maniera certa. La persona responsabile dell’uccisione deve accertarsi della morte dell’animale prima di eliminarne la spoglia».47

III. Considerazioni final

Vediamo quali elementi possiamo porre in luce, in via di prima e sommaria riflessione, per un’analisi della disciplina riportata.

Anzitutto, una considerazione preliminare. Con riferimento all’Unione Europea, vero è che «la Comunità nasceva come ente posto a tutela del mercato, sicché è inevitabile che quelli che sono stati storicamente soggetti passivi delle attività economiche, quali gli animali, entrino nella considerazione del diritto europeo quasi esclusivamente per la loro valenza economica negli scambi».48 Ad es., il benessere animale -a livello comunitario- non era, in principio (e in parte è così ancora oggi, in un quadro generale di ambivalenza, come approfondiremo nel seguito), un fine in sé, centrato a vantaggio dell’animale medesimo, ma risultava strumentale a obiettivi umani.49 Ma nel panorama globale, l’Europa si è comunque fatta progressivamente portatrice di uno spirito di maggiore sensibilità e tutela verso gli animali, compresa la valorizzazione del loro benessere (al punto che oggi, secondo alcuni autori, la prospettiva è mutata).50

Anzi, proprio il vocabolo «benessere», affiancatosi ai temi tradizionali della salvaguardia delle specie e della protezione della salute, individua un ambito di tutela che si è recentemente consolidato. Seppure a livello giuridico internazionale risulti ancora dotato di «fonti [...] frammentarie e sparute»,51 in ambito europeo -invece- il quadro si presenta più definito e tutelante.52 Non possiamo non rilevare, tuttavia, come la prospettiva che orienta il benessere animale sia di matrice antropocentrica.53

A riguardo di questo tema possiamo svolgere due considerazioni sui profili di novità che presenta oggi il concetto di benessere a livello sovranazionale.

Alla luce della Decisione 25.11.2013 dell’Organizzazione Mondiale del Commercio54 e della sostanziale conferma dell’Organo di appello con la Decisione del 22.5.2014,55 «ora è acclarato che la protezione del benessere animale per ragioni morali può costituire un motivo legittimo di restrizione del commercio internazionale»56: è stato infatti confermato che l’adozione del Regolamento CE 1007/2009,57 contestata da Canada e Norvegia, doveva ritenersi giustificata sulla base della protezione della moralità pubblica (poiché -come recita il considerando 1- le foche «sono esseri senzienti che possono provare dolore, angoscia, paura e altre forme di sofferenza»).

Possiamo inoltre ritenere, alla luce di alcune decisioni della Corte di Giustizia U.E. (in particolare, cfr. 28.10.2021, C-357/20)58 che il parametro della tutela del benessere animale rappresenti oramai un «canone decisorio di portata generale»,59 non legato al singolo esemplare ma alla conservazione degli equilibri di specie nell’utilizzo delle risorse naturali.

In secondo luogo, i brani citati estrapolati dal contesto possono apparire di una incisività eccessiva rispetto alla loro reale portata se contestualizzati nel tenore complessivo dei testi normativi in cui sono incorniciati da precisazioni e deroghe che ne mitigano l’impatto. Anzi, che talvolta stravolgono completamente quello che può essere il significato apparente degli estratti, esplicitando come l’obiettivo non sia (o non sia soltanto) il benessere animale in sé, per l’appunto, ma come piuttosto detto benessere risulti asservito ai traguardi del mercato e della sicurezza alimentare umana (ossia risulti obiettivo secondario funzionale ad altri obiettivi primari).60

Ciò a partire dall’articolo 13 del T.F.U.E. che abbiamo citato nell’estratto significativo «l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti», ma che, se completiamo la citazione, prosegue dicendo: «rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale». Par chiaro l’esito riduttivo sulla tutela per il benessere animale.

Ma l’esempio magistrale si rinviene nell’estratto del Regolamento n. 1099/2009 del Consiglio dell’Unione Europea quando al considerando 2 rileva che «l’abbattimento degli animali può provocare dolore, ansia, paura o sofferenze di altro tipo agli animali» e, al successivo considerando 4, nell’affermare che «il benessere animale è un valore condiviso nella comunità», specifica tuttavia che «la protezione degli animali durante la macellazione o l’abbattimento è una questione di interesse pubblico che incide sull’atteggiamento del consumatore nei confronti dei prodotti agricoli. Una migliore protezione degli animali durante la macellazione contribuisce inoltre a migliorare la qualità della carne e indirettamente produce un impatto positivo sulla sicurezza del lavoro nei macelli». Ovviamente, dalla lettura d’insieme, risulta totalmente travisata la prospettiva che, deduttivamente, potremmo leggere isolando ed estrapolando il considerando 2 o la sola prima parte del considerando 4. Solo la visione d’insieme, la lettura integrale, ci restituisce il dato reale.

Un precedente del medesimo tenore lo ritroviamo anche presso il Consiglio d’Europa. Nella Convenzione europea sulla protezione degli animali da macello del 10 maggio 1979, infatti, si legge «tenuto conto che i metodi di abbattimento che risparmiano nei limiti del possibile agli animali sofferenze e dolori devono avere un’applicazione uniforme nei rispettivi Paesi», ma il paragrafo successivo recita: «tenuto conto che la paura, la tensione, i dolori e le sofferenze di un animale al momento dell’abbattimento rischiano di influenzare la qualità della carne».

Quindi, sotto questo profilo, Unione Europea e Consiglio d’Europa paiono muoversi allineati negli obiettivi.

Si può altresì notare come di frequente i sostantivi espressivi di una condizione negativa cagionata agli animali (es. «dolore», «sofferenza», «lesioni») risultino aggettivati in modo da limitare la portata dei divieti di tutela.

In via esemplificativa presso l’Unione Europea: dolori, sofferenze e lesioni non devono essere «inutili» (Direttiva 98/58/CE del 20 luglio 1998 -quindi sono ammissibili se utili?); dolori, ansia e sofferenze non devono essere «evitabili» (Regolamento CE n. 1099/2009 -quindi sono ammissibili se inevitabili?); il danno indotto nell’allevamento degli animali per sperimentazione scientifica non deve essere «duraturo» (Direttiva 2010/63/UE del 22 settembre 2010- quindi è ammissibile il danno temporaneo?) e parimenti si possono provocare «lesioni gravi» purché la procedura sia praticata in «anestesia».

Anche presso il Consiglio d’Europa valgono le medesime considerazioni. Negli allevamenti sofferenze e danni non devono essere «inutili» (Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti del 10 marzo 1976, Trattato n. 87 -quindi sono ammissibili se utili?); i metodi di abbattimento degli animali da macello devono risparmiare sofferenze e dolori «nei limiti del possibile» e non devono essere imposti dolori o sofferenze «evitabili» (Convenzione europea sulla protezione degli animali da macello del 10 maggio 1979, Trattato n. 102 -quindi sono ammissibili se inevitabili?); l’addestramento degli animali da compagnia non deve cagionare ferite, dolori, sofferenze, angosce «inutili» (Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia del 13 novembre 1987, Trattato n. 125- quindi sono ammissibili se utili?).

Anche questo orientamento linguistico (che, ovviamente, risponde ad una precisa intenzionalità) provoca una riduzione della portata di tutela delle disposizioni e trova consonanza nei documenti di Unione Europea e Consiglio d’Europa.

Compare di frequente, inoltre, come motore che aziona l’intervento di disciplina comunitaria, la «preoccupazione pubblica»,61 ossia il riscontro della sensibilità dei cittadini che fa da puntiglio per l’Unione Europea. Quindi, ci si pone in un’ottica sociologica: se un tema è importante per le persone, se emerge che viene avvertito come prioritario dalla rilevazione dei dati socio-culturali, allora va affrontato. Per non lasciare spazi di deregulation e per pacificare le apprensioni dei cittadini.

A tal riguardo occorre tenere conto che di frequente l’opinione pubblica viene «fortemente condizionata da ragioni di natura emotiva»,62 più che dai reali dati scientifici sulle conoscenze che abbiamo con riguardo alle singole specie animali.

Pare tuttavia che la preoccupazione dell’Unione Europea non sia sovrapponibile a quella dei cittadini. Mentre questi ultimi ispirano le loro aspettative -potremmo dire- alla dignità degli animali,63 per impedire, ad es., l’inflizione di una sofferenza a esseri viventi in grado di provarla, l’Unione Europea pare maggiormente propensa a sedare tale preoccupazione ma per perseguire altri obiettivi: quelli del mercato alimentare. Sicurezza e benessere degli animali e della loro qualità di vita, sono di frequente finalizzati al buon funzionamento del mercato.

Infine, è usuale che il dettato preveda una clausola di chiusura in cui si afferma che gli Stati possono applicare disposizioni più severe, ponendo pertanto la disciplina comunitaria come basica, ossia limite minimo di tutela.64 Come se l’Europa si ponesse quale minimo comune denominatore e lasciasse ai singoli Stati il ruolo di avanguardia, di apripista. L’Unione Europea e il Consiglio d’Europa vogliono essere un punto di equilibrio. O, forse, vuole anche spronare i singoli Stati, affinché siano direttamente loro a farsi portatori di uno sviluppo di queste sensibilità diffuse.

Aggiungo una considerazione ulteriore, che mi pare centrale. Emerge l’insostenibilità di un concetto unitario di “animale”, quale categoria generale e astratta rispetto ad una realtà concreta fatta di differenze empiriche. Le disposizioni normative sovranazionali, se mai ve ne fosse stato bisogno, smascherano la pluralità del vivente. Non esiste l’animale, vocabolo unitario e onnicomprensivo, ma tante diverse specie animali con proprie caratteristiche ed esigenze di tutela. Quando si parla di «animale» si intende sempre una specifica categoria di animali, non “l’animale” in sé. Gli esempi possibili sono moltissimi.65

Ma, a ben vedere, non è la specie in sé a fare la differenza,66 in base alle reali caratteristiche dell’animale, ma piuttosto la categoria giuridica in cui detta specie risulta inserita.67 E questa classificazione può tenere conto anche della “percezione” della cittadinanza, quindi non di un dato scientifico biologico ma di un formante culturale e sociologico (es. leggasi al considerando 1 del Regolamento CE n. 1523/2007 ove si afferma che «nella percezione dei cittadini dell’Unione europea, cani e gatti sono considerati animali da compagnia, per cui non è accettabile...»).

Gli animali, infatti, vengono tutelati come specie proprio in base alla disciplina normativa -per categorie giuridiche (quindi convenzionali)- che li differenzia gli uni dagli altri. Ad es., con riferimento alla normativa italiana (ma vale parimenti per la disciplina sovranazionale a cui gli ordinamenti dei singoli stati si ispirano e si conformano): cani e gatti quali «animali d’affezione»,68 galline ovaiole - Gallus gallus,69 e suini70 quali «animali d’allevamento»; lupo -Canis lupus, e orso- Ursus arctos, quali «animali selvatici».71

Al punto che l’Unione Europea ha previsto protezioni particolari per alcune specie animali (cfr., ad es., il Regolamento CE n. 1007/2009 per le foche, poi riformato dal Regolamento CE n. 1775/2015).72

Nella normativa sovranazionale si trovano quindi tracce di «specismo infranimale».73 Ciò accade, ad es., in tema di sperimentazione animale con la differenziazione prevista per i primati (Direttiva n. 2010/63/UE74 che, al considerando 17, stabilisce che il loro utilizzo possa venire giustificato solo ed esclusivamente per scopi di conservazione della specie o per ricerca biomedica su malattie umani invalidanti o mortali). Anche la scissione tra specie animali oggetto di caccia e specie escluse, quindi oggetto di protezione (cfr., ad es., Direttiva 79/409/CE75 del Consiglio UE e Direttiva 92/43/CE76 del Consiglio UE, i due pilastri della disciplina comunitaria in materia), determina il medesimo risultato: alcune specie godono di un livello di protezione superiore, altre non vedono salvaguardato neppure il loro diritto fondamentale alla vita.

Vi è poi la possibilità, prevista dalla stessa Unione Europea, di un trattamento differente delle medesime specie animali a seconda dello stato membro in cui ci si trova ad operare. Accade così, ad es., per la macellazione rituale poiché la regola generale è la deroga all’obbligo di stordimento, ma una sentenza della Corte di Giustizia UE77 ha sancito il diritto, nel rispetto del principio di sussidiarietà, di adottare norme nazionali (nel caso di specie lo aveva fatto la regione delle Fiandre in Belgio) che prevedano una protezione maggiore per gli animali, ad es. con l’obbligo di stordimento dell’animale anche in caso di macellazione rituale.78

Si rileva, inoltre, come alcuni animali possano essere inquadrati in più categorie (ad es. i conigli),79 determinando una difficoltà di coordinamento tra disciplina giuridica e realtà empirica.

Ancora: emerge la rilevanza assunta nel corso del tempo dalla senzienza, come criterio di discrimine per la tutela giuridica. Se il dato scientifico conferma la capacità di una specie animale di provare -ad es.- percezioni / sensazioni, piacere o dolore, questo non può che incidere sulle valutazioni relative a forme di protezione e garanzia. Un concetto, tuttavia, quello di senzienza che ha vissuto, nel tempo - un iter di variazione molto significativo.80

Interessante riscontrare il permanere -nei documenti sovranazionali ufficiali vigenti- della locuzione «animale da compagnia», diversamente da quanto sta accadendo in alcuni Stati europei in cui essa è stata sostituita da «animale d’affezione» (ad es. presso la normativa e la giurisprudenza italiane dell’ultimo decennio), atteso che compagnia e affezione non sono concetti intercambiabili poiché presentano un campo semantico affine ma non sovrapponibile.

A livello definitorio, poi, il Consiglio d’Europa per animale da compagnia «intende ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto dall’uomo, in particolare presso il suo alloggio domestico, per suo diletto e compagnia» (Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia del 13 novembre 1987, Trattato n. 125).

L’Unione Europea, invece, ne propone una definizione più restrittiva e -nella comparazione tra i diversi documenti- non completamente omogenea. Animale da compagnia è «un animale di una specie elencata nell’allegato I»81 (Regolamento CE n. 576/2013, e parimenti il Regolamento 577/2013) e, successivamente, «delle specie elencate nell’allegato I, tenuto a fini privati non commerciali»82 (Regolamento CE n. 429/2016). I due elenchi, di cui ai relativi allegati, sono simili ma non identici. Nel Regolamento CE n. 1523/2007 si considerano invece quali animali da compagnia «cani e gatti».

L’estensione definitoria del concetto di «animale da compagnia» pare pertanto ancora necessitante di trovare una soluzione unanimemente condivisa.

Le precedenti considerazioni, tuttavia, non escludono che si possa percepire -in ambito sovranazionale europeo- una progressione nel tempo di attenzioni, cure e tutele verso gli animali. Il percorso che si legge tra le righe procede in questa direzione.

E, soprattutto, risulta pacifica la consapevolezza che gli animali -secondo il dato testuale del diritto sovranazionale europeo, con espressioni più volte ripetute nei vari documenti normativi (che qui riprendiamo e concentriamo in un impasto finale riassuntivo)- sono «esseri senzienti» dotati di «valore intrinseco che deve essere rispettato», possono infatti provare «stress», «dolore», «ansia», «paura», «angoscia» e «sofferenze fisiche e morali», e occorre averne «cura» per salvaguardare la loro «sicurezza», la loro «salute» e il loro «benessere» (addirittura si riconosce la senzienza ai mammiferi in fase embrionale e fetale). A tal riguardo -riprendendo in sintesi il lessico dei documenti analizzati- vengono previste specifiche tutele, come vivere ed essere trasportati in condizioni appropriate ai loro «bisogni fisiologici ed etologici», in base al loro «genotipo o fenotipo», «tenuto conto della [...] specie, del [...] grado di sviluppo, d’adattamento e di addomesticamento» in base «all’esperienza acquisita e alle conoscenze scientifiche», quindi poter «disporre di uno spazio sufficiente», «potersi coricare», beneficiare di un «adeguato periodo di riposo», avere a disposizione una «nutrizione adeguata», «libertà di movimento». Vengono protetti nelle loro caratteristiche somatiche, proibendo -in via esemplificativa- di «schiacciare, torcere, spezzare la coda», inoltre è fatto divieto del «taglio delle orecchie», della «recisione delle corde vocali», della rimozione «delle unghie e dei denti». Occorre, infine, considerare i «particolari vincoli esistenti tra l’uomo e gli animali da compagnia», per la cui soppressione -ad es.- è previsto di indurre nell’animale la «perdita di coscienza» e di somministrargli una «anestesia generale».

Peraltro il dibattito filosofico-giuridico, e parimenti gli sviluppi socio-culturali, paiono talmente avanzati da richiedere una revisione complessiva della normativa sovranazionale europea, di talché molti auspici muovono in questa direzione. Al punto che la Commissione dell’Unione Europea ha posto in agenda l’obiettivo di redigere una nuova disciplina coordinata in tema di animali entro la fine del 2023. Nel centro del mirino sono posti, in particolare, alcuni obiettivi, tra cui: la possibilità di un ampliamento delle specie tutelate, includendo animali oggi non ricompresi nel perimetro normativo (ad es. mucche, tacchini, conigli, oche, anatre...); la possibilità di porre divieto all’uso di gabbie negli allevamenti europei,83 la possibilità di abolire pratiche di stordimento che inducono sofferenza negli animali (es. la stordimento dei polli con bagnamento elettrificato); la possibilità di imporre criteri di maggiore trasparenza per l’etichettatura degli animali.84

L’analisi d’insieme formulata in questo scritto, pertanto, questo quadro riepilogativo, potrebbe presto diventare un museo d’ombre, con scopi rammemorativi: non punto d’arrivo ma di partenza.

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* Ringrazio Andrea Fusaro, Ilaria Queirolo e Stefano Dominelli dell’Università di Genova per la lettura di una prima versione di questo scritto e per i loro preziosi suggerimenti.

2 L. cost. 11 febbraio 2022, n. 1, Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente, in “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”, Roma, 22 febbraio 2022, n. 44.

4 La traduzione italiana dei testi citati dell’Unione Europea è tratta, per lo più, dal sito https://eur-lex.europa.eu, fatte salve minime variazioni che ho talora apportato per raffinare l’esito linguistico, mentre quella dei testi citati del Consiglio d’Europa è tratta, per lo più, dalle pubblicazioni della Cancelleria Federale della Svizzera.

6 Per un commento, cfr. Fabio Massa, 2012, pp. 43-45.

7 Trattato di Amsterdam del 2.10.1997, entrato in vigore il 1.5.1999, in “Official Journal of the European Union”, 11.10.1997, C 340/01.

8 L. 16.6.1998 n. 209, Ratifica ed esecuzione del trattato di Amsterdam che modifica il trattato sull’Unione europea, i trattati che istituiscono le Comunità europee ed alcuni atti connessi, con allegato e protocolli, fatto ad Amsterdam il 2 ottobre 1997, in “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”, Roma, 8.4.1999, n. 81.

9 Rileva la continuità tra i due Trattati, con rafforzamento della tutela, ad es., Giorgia Anna Parini, 2012, p. 606.

10 Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea (modificato da ultimo dal Trattato di Lisbona in data 1.12.2009 in cui è entrato in vigore), la cui versione consolidata è stata pubblicata in “Official Journal of the European Union”, 26.10.2012, C 326/54 (e si può reperite all’indirizzo https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2012:326:FULL:IT:PDF).

11 Trattato di Lisbona del 13.12.2007 (composto dal Trattato dell’Unione Europea - TUE, e dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea - TFUE), entrato in vigore il 1.12.2009, in “Official Journal of the European Union”, 17.12.2007, C 306/01.

12 L. 2.8.2008 n. 130, Ratifica ed esecuzione del Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull’Unione europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Lisbona il 13 dicembre 2007, in “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”, Roma, 8.8.2008, n. 185, suppl. ord. n. 188.

13 In un commento all’articolo si legge: «tale qualificazione determina anche un impegno degli Stati membri sulla tutela degli animali e sulle relative politiche» (Fabio Massa, 2012, p. 45). Si legge in Trib. Novara, sent. n. 191/2020, in Cassazione.net.: «Questa norma reca un inequivocabile segnale di come il diritto positivo sia pervenuto ad elevare il legame tra uomo e animale d’affezione da una prospettiva tendenzialmente unilaterale, quale rapporto tra proprietario e res, ad una più complessa relazione biunivoca, dove il flusso di affetto e collaborazione è reciprocamente rilevante». La portata di questa disposizione normativa non va tuttavia esagerata. Cfr., ad es., Andrea Vistosi, 2012, p. 57: «la disposizione contenuta nell’articolo 13 costituisce molto più un vincolo programmatico allo sviluppo delle politiche europee che non un riconoscimento universale delle prerogative animali, come diversamente ha fatto la convenzione di Strasburgo del 1987». È stato anche notato che «l’articolo 13 TFUE considera indistintamente gli animali in quanto esseri senzienti ed impone ai propri organi, ma anche a quelli degli Stati membri, di tenere in adeguata considerazione il loro benessere» (Francesco Paolo Traisci, 2021, p. 48).

14 Così ad es. Ferdinando Albisinni, 2021, pp. 14. Ciò risulta confermato dalla decisione della Corte di Giustizia UE 17.3.2021, C-900/19, che nella motivazione richiama l’articolo 13 TFUE per interpretare la Direttiva 2009/147/CE, entrata in vigore in precedenza al TFUE, quindi riconoscendogli il ruolo di principio informatore dell’intera legislazione vigente.

15 Il dato testuale sembrerebbe esprimere - prima facie - una equiparazione tra i beni giuridici richiamati.

16 Regolamento CE n. 1/2005 del Consiglio dell’Unione Europea, del 22.12.2004, sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate che modifica le direttive 64/432/CEE e 93/119/CE e il regolamento (CE) n. 1255/97, in “Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea”, 5.1.2005, L 3/11.

17 Nell’aprile 2021, il Committee of Inquiry on the Protection of Animals during Transport (Commissione d’inchiesta sulla protezione degli animali durante il trasporto - ANIT), ha denunciato la mancata applicazione delle normative sulla protezione animale durante il trasporto dichiarandola inaccettabile e chiedendo azioni concrete per la rettifica del problema, comprese procedure di infrazione nei confronti degli Stati membri che omettano l’applicazione delle norme UE in vigore.

18 Regolamento CE n. 1523/2007 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea, dell’11.12.2007, che vieta la commercializzazione, l’importazione nella Comunità e l’esportazione fuori della Comunità di pellicce di cane e di gatto e di prodotti che le contengono, in “Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea”, 27.12.2007, L 343/1.

19 Regolamento CE n. 1099/2009 del Consiglio dell’Unione Europea, del 24.9.2009, sulla protezione degli animali durante l’abbattimento, in “Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea”, 18.11.2009, L 303/.

20 Regolamento CE n. 1223/2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea, del 30.11.2009, sui prodotti cosmetici, in “Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea”, 22.12.2009, L 342/59.

21 Regolamento CE n. 576/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea, del 12.6.2013, sui movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia, in “Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea”, 28.6.2013, L 178/1.

22 Regolamento CE n. 577/2013 della Commissione, del 28.6.2013, sul modello dei documenti di identificazione per la circolazione non commerciale di cani, gatti e furetti, sulla redazione di elenchi di territori e paesi terzi e sui requisiti di formato, layout e lingua delle dichiarazioni attestanti il rispetto di alcune condizioni previste dal regolamento (UE) n. 576/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, in “Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea”, 28.6.2013, L 178.

23 Regolamento CE n. 625/2017 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea, del 15.3.2017, relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l’applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, delle norme sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante nonché sui prodotti fitosanitari, in “Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea”, 7.4.2017, L95/1. Per una analisi del Regolamento cfr., ad es., Ferdinando Albisinni, 2018, p. 11.

24 Leggasi ad es.: «i beni così tutelati, e fra questi il benessere animale, sono oggetto di dichiarata attenzione e tutela per sé, prescindendo dal riferimento al sentimento umano» (Ferdinando Albisinni, 2021, p. 16, corsivi sull’originale).

25 Consiglio dell’Unione Europea, Direttiva 98/58/CE del 20.7.1998, riguardante la protezione degli animali negli allevamenti, in “Official Journal of the European Communities”, 8.8.1998, n. L221.

26 Parlamento Europeo e Consiglio dell’Unione Europea, Direttiva 2010/63/UE del 22.9.2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, in “Official Journal of the European Communities”, 20.10.2010, L 276/33. Recepita in Italia con D.Lgs. 4.3.2014, n. 26, Attuazione della direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, in “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”, Roma, 14.32014, n. 61, Serie Generale.

28 Corte di Giustizia UE 21.5.1996, C-5/94, reperibile in https://eur-lex.europa.eu. Si legge nel dispositivo della sentenza: «Il diritto comunitario osta a che uno Stato membro invochi l’articolo 36 del Trattato CE per giustificare una limitazione delle esportazioni di merci in un altro Stato membro, basandosi sul solo motivo che, a parere del primo Stato, il secondo non rispetta le prescrizioni di una direttiva comunitaria di armonizzazione che persegue l’obiettivo che il ricorso all’articolo 36 tenderebbe a tutelare, ma che non prevede procedure di controllo dell’applicazione di tali prescrizioni né sanzioni in caso di violazione delle stesse».

30 Allo strumento della Risoluzione possiamo riconoscere il valore di “invito” del Parlamento Europeo rivolto a specifici destinatari affinché si attivino per raggiungere un certo risultato ritenuto importante.

31 Parlamento Europeo, Risoluzione del 3.5.2018 su un divieto globale per porre fine alla sperimentazione animale nel settore dei cosmetici (2017/2922 - RSP), in “Official Journal of the European Union”, 6.2.2020, C 41/45.

32 Il Parlamento Europeo si è mosso sulla scorta del pensiero dei cittadini: Nel Report n. 442 di Eurobarometro del marzo 2016 si legge: «Una maggioranza relativa degli intervistati dell’UE ritiene che il benessere degli animali si riferisca al “dovere di rispettare tutti gli animali” (46%) e, in secondo luogo, a “riguardare il modo in cui vengono trattati gli animali d’allevamento, fornendo loro una migliore qualità di vita” (40%). Più di nove intervistati su dieci dell’UE ritengono importante proteggere il benessere degli animali d’allevamento (94%). Gli intervistati dell’UE ritengono ampiamente che ci dovrebbe essere una legge dell’UE che imponga a chiunque utilizzi animali a fini commerciali di prendersi cura di loro (89%). Inoltre, la maggioranza relativa degli europei ritiene che la legge debba essere decisa congiuntamente tra l’UE ea livello nazionale (49%) e non una decisione presa dalla sola UE (19%). Più della metà di tutti gli europei è disposta a pagare di più per prodotti provenienti da sistemi di produzione rispettosi del benessere degli animali (59%). Più di un terzo degli intervistati (35%) è disposto a pagare fino al 5% in più, mentre solo una piccola minoranza (3%) è disposta a pagare più del 20%. Tuttavia, più di un terzo dei cittadini dell’UE (35%) non è disposto a pagare di più. La maggioranza assoluta (52%) degli europei cerca le etichette di identificazione favorevoli al benessere degli animali quando acquista i prodotti. Nel complesso, gli intervistati dell’UE attualmente non ritengono che ci sia una scelta sufficiente di prodotti alimentari rispettosi del benessere degli animali nei negozi e nei supermercati (47%). Ciò rappresenta un aumento di 9 punti percentuali rispetto all’indagine speciale Eurobarometro del 2006. Gli intervistati dell’UE attualmente non ritengono che ci sia una scelta sufficiente di prodotti alimentari rispettosi del benessere degli animali nei negozi e nei supermercati (47%). Ciò rappresenta un aumento di 9 punti percentuali rispetto all’indagine speciale Eurobarometro del 2006. Gli intervistati dell’UE attualmente non ritengono che ci sia una scelta sufficiente di prodotti alimentari rispettosi del benessere degli animali nei negozi e nei supermercati (47%). Ciò rappresenta un aumento di 9 punti percentuali rispetto all’indagine speciale Eurobarometro del 2006» (in https://europa.eu/eurobarometer/surveys/detail/2096).

33 Nel corpo della Risoluzione si legge anche che il Parlamento Europeo: «3. Ritiene che lo storico divieto dell’UE sulla sperimentazione animale nel settore dei prodotti cosmetici abbia inviato un forte segnale a livello mondiale sul valore che l’UE conferisce alla protezione degli animali e abbia dimostrato con successo che l’eliminazione progressiva della sperimentazione animale nel settore dei prodotti cosmetici è possibile; 4. Ricorda che è stata fatta una scelta politica in Europa per applicare il divieto a prescindere dalla totale disponibilità di metodi alternativi alla sperimentazione animale; ritiene che tale esempio dimostri che l’assenza di alternative alla sperimentazione animale per alcuni parametri non costituisca un’argomentazione contro l’imposizione di un divieto globale sulla sperimentazione animale nel settore dei prodotti cosmetici; 5. Ribadisce che la sperimentazione animale non può più essere giustificata per quanto concerne i cosmetici e chiede alle autorità pubbliche europee e nazionali di sostenere l’opposizione del pubblico rispetto a tali test nel settore dei cosmetici e di appoggiare lo sviluppo di metodi di sperimentazione innovativi e umani».

34 Il Consiglio Europeo, che è organo di indirizzo che stabilisce le priorità e traccia le linee generali dell’Unione Europea, è composto dai capi di stato e di governo degli Stati membri dell’Unione Europea (attualmente 28).

35 Il Consiglio dell’Unione Europea, che è uno dei due rami legislativi dell’Unione Europea, è composto dai ministri di tutti gli Stati membri dell’unione Europea.

36 Il Consiglio d’Europa «ha avuto un ruolo essenziale nella formazione di una regolamentazione vincolante, e per alcuni versi incisiva, in materia di benessere animale» (così Francesco Emanuele Celentano, 2021, p. 82).

37 Le Convenzioni del Consiglio d’Europa vengono aperte alla firma degli Stati membri del Consiglio d’Europa che possono ratificarle o accettarle. Ogni Convenzione entra in vigore 6 mesi dopo la data in cui è stato depositato il quarto strumento di ratificazione o di accettazione. Dopo l’entrata in vigore della Convenzione, può essere invitato anche qualsiasi Stato non membro del Consiglio d’Europa ad aderire alla Convenzione.

38 Consiglio d’Europa, Convenzione europea sulla protezione degli animali nel trasporto internazionale, STE n. 065, del 13.12.1968, entrata in vigore il 20.02.1971.

39 L. 12.4.1973 n. 222, Ratifica ed esecuzione della convenzione europea sulla protezione degli animali nei trasporti internazionali, adottata a Parigi il 13 dicembre 1968. in “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”, Roma, 23.5.1973, n. 132.

40 Consiglio d’Europa, Convenzione europea sulla protezione degli animali negli allevamenti, STE n. 087, del 10.3.1976, entrata in vigore il 10.9.1978.

41 L. 14.10.1985 n. 623, Ratifica ed esecuzione delle convenzioni sulla protezione degli animali negli allevamenti e sulla protezione degli animali da macello, adottate a Strasburgo rispettivamente il 10 marzo 1976 e il 10 maggio 1979, in “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”, Roma, 12.11.1985, n. 266.

42 Consiglio d’Europa, Convenzione europea sulla protezione degli animali da macello, STE n. 102, del 10.5.1979, entrata in vigore il 11.6.1982.

43 Il Trattato muove da «una visione pragmaticamente attuale» che lo rende, «sia pur risalente, un indispensabile punto di riferimento per la regolamentazione di settore, oltre che un potenziale modello per possibili sviluppi normativi in senso universale» (Francesco Emanuele Celentano, 2021, p. 83).

44 L. 14.10.1985 n. 623, Ratifica ed esecuzione delle convenzioni sulla protezione degli animali negli allevamenti e sulla protezione degli animali da macello, adottate a Strasburgo rispettivamente il 10 marzo 1976 e il 10 maggio 1979, in “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”, Roma, 12.11.1985, n. 266.

45 Consiglio d’Europa, Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia del STE n. 125, del 13.11.1987, entrata in vigore il 1.5.1992.

46 L. 4.11.2010 n. 201, Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno, in “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”, Roma, 3.12.2010, n. 283. Stante quanto già disposto dalla L. 189/2004, la legge di ratifica è intervenuta soltanto sul trattamento sanzionatorio (così Ilaria Pasqui, 2012, p. 163).

49 Leggasi: «appare evidente che il fine ultimo del benessere animale, dalla prospettiva internazionale, sai quello di favorire una produzione di alimenti più sani, garantendo controlli il più possibile similari in termini di criteri durante tutte le fasi della filiera produttiva» (Francesco Emanuele Celentano, 2021, p. 81, che però poi indica l’Europa come eccezione in cui si ravvisa la crescita di uno spirito di tutela).

50 Leggasi, ad es.: «Alle sue origini la nozione di benessere […] era giustificata dalle finalità economico-commerciali e di sicurezza sanitaria che rendono “inadeguato” per il mercato e per la ricerca un animale stressato e maltrattato. Questa giustificazione strumentale è stata però largamente superata» (Mariachiara Tallacchini, 2021, p. 27).

52 «Nell’Unione europea il ruolo degli animali e la loro protezione è visto come complementare per il raggiungimento di altri obiettivi di interesse sociale, come la sicurezza e la qualità dei prodotti alimentari, la salvaguardia e la protezione dell’ambiente e la sostenibilità» (Andrea Gavinelli, 2012, p. 817), il quale riconosce comunque «l’importante ruolo del legislatore europeo nel favorire le politiche di benessere degli animali e garantirne l’applicazione» (pp. 820 y 821). Meno ottimistica la posizione di Paola Merli che ritiene l’attenzione all’animal welfar da parte dell’Unione Europea mossa «più dal timore di distorsioni concorrenziali e dalla premura per la sicurezza alimentare, contro il pericolo di zoonosi, che non da un’autentica premura per il mondo animale» (Paola Merli, 2020, pp. 666-667).

53 Materialmente impossibile dare una lettura dei documenti internazionali in chiave di tutela dei diritti degli animali, secondo —ad es—. Federica Mucci, dovendo necessariamente ricorrere ad un inquadramento antropocentrico che si rivolge alla protezione di interessi pubblicistici umani (cfr. Federica Mucci, 2022, in particolare pp. 267-269).

54 World Trade Organization (OMC-Organizzazione Mondiale del Commercio), European Communities-Measures Prohibiting the Importation and Marketing of Seal Products, WT/DS400/R e WT/DS401/R, Reports of the Panel, 25.11.2013 (reperibile in https://www.wto.org/english/tratop_e/dispu_e/400_401r_e.pdf).

55 World Trade Organization (OMC - Organizzazione Mondiale del Commercio), European Communities - Measures Prohibiting the Importation and Marketing of Seal Products, WT/DS400/AB/R e WT/DS401/AB/R, Reports of the Appellate Body, 22.5.2014 (reperibile in https://docs.wto.org/dol2fe/Pages/SS/directdoc.aspx?filename=q:/WT/DS/400ABR.pdf&Open=True).

57 Regolamento CE n. 1007/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16.9.2009, sul commercio dei prodotti derivati dalla foca, in “Official Journal of the European Union”, 31.10.2009, L 286/36.

58 Reperibile all’indirizzo www.ambientediritto.it/giurisprudenza/corte-di-giustizia-ue-sez-2-28-ottobre-2021-sentenza-c%E2%80%91357-20/, che ha sancito che la tutela «si estende anche ai siti di riproduzione che non sono più occupati, laddove esistano probabilità sufficientemente elevate che detta specie animale vi faccia ritorno».

59 Così Ferdinando Albisinni, 2021, p. 22.

60 Con riferimento al Consiglio d’Europa, ad es., cfr. Attilio Pisanò, 2012, p. 83: «la tutela degli interessi degli animali non è sempre l’unico fine perseguito».

61 Ad es., ex multis, Parlamento Europeo e Consiglio dell’Unione Europea, Direttiva 2010/63/UE del 22.9.2010 (al n. 26), cit.

62 Così Federica Mucci, 2022, p. 260, che menziona in via esemplificativa il caso della caccia ai mammiferi marini.

63 Emblematici i dati che emergono dal Report n. 442 di Eurobarometro del marzo 2016 (citato per esteso nella nota 28) da cui risulta che più di nove intervistati su dieci dell’UE ritengono importante proteggere il benessere degli animali d’allevamento (94%) e comunque richiedono di assicurare loro rispetto e qualità della vita.

64 Un esempio per l’Unione Europea: articolo 14 della Direttiva 79/409/CE (leggasi: «Gli Stati membri possono prendere misure di protezione più rigorose di quelle previste dalla presente direttiva»). Un esempio per il Consiglio d’Europa: articolo 2 comma 2 della Convenzione europea sulla protezione degli animali da macello del 10 maggio 1979 - Trattato n. 102 (leggasi: «Nessuna disposizione della presente Convenzione potrà limitare la facoltà delle Parti contraenti di adottare misure più severe che mirino alla protezione degli animali»).

65 Per una analisi ricostruttiva dettagliata, cfr. Francesco Paolo Traisci, 2021, in particolare alle pp. 44-50.

66 Cfr. Giuseppe Spoto, 2018, p. 67: secondo cui il legislatore «sembrerebbe prevedere forme differenti di tutela a seconda delle categorie di animali, con differenziazioni perfino all’interno di una stessa specie tra le diverse razze, in relazione alla presunta maggiore pericolosità o comunque minore “vicinanza” all’uomo».

67 Il che ci porta a distinguere tra «animali di serie A […] e bestie di serie B» (così Leonardo Caffo, 2016, p. 19).

68 L’articolo 2 della L. 14.08.1991 n. 281, Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo, in “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”, Roma, 30.8.1991, n. 203, parla specificamente di cani e gatti.

69 Cfr., ad es., articolo 1 lett. C del D.Lgs. 29.7.2003, n. 267, Attuazione della direttiva 1999/74/CE e della direttiva 2002/4/CE, per la protezione delle galline ovaiole e la registrazione dei relativi stabilimenti di allevamento, in “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”, Roma, 20.9.2003, n. 219.

70 Cfr., ad es., gli artt. 1 e 2 del D.Lgs. 7.7.2011, n. 122, Attuazione della direttiva 2008/120/CE che stabilisce le norme minime per la protezione dei suini, in “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”, Roma, 2.8.2011, n. 178.

71 Gli animali selvatici sono individuati dall’articolo 2 della L. 11.2.1992, n. 157, Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio, in “Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana”, Roma, 25.2.1992, n. 46, Suppl. ord. n. 41.

72 Regolamento CE n. 1775/2015 del Parlamento europeo e del Consiglio del 6.10.2015 che modifica il regolamento (CE) n. 1007/2009 sul commercio dei prodotti derivati dalla foca e che abroga il regolamento (UE) n. 737/2010 della Commissione, in “Official Journal of the European Union”, 7.10.2015, L 262/1.

73 Espressione mutuata da cfr. Francesco Paolo Traisci, 2021, pp. 42-52.

74 Parlamento Europeo e Consiglio dell’Unione Europea, Direttiva 2010/63/UE del 22.9.2010, cit.

75 Consiglio dell’Unione Europea, Direttiva 79/409/CE del 2.4.1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, in “Official Journal of the European Communities”, 25.4.1979, n. L103/1.

76 Consiglio dell’Unione Europea, Direttiva 92/43/CE del 21.5.1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, in “Official Journal of the European Communities”, 22.7.1992, n. L206.

78 Per una analisi di questa decisione della Corte di Giustizia UE, cfr. ad es. Ferdinando Albisinni, 2021, in particolare pp. 17-19.

80 Sul punto, cfr. ad es. Federica Mucci, 2022, p. 260: «l’opinione umana su quali individui siano senzienti è variata molto con il passare del tempo, per ricomprendere dapprima tutti gli esseri umani invece che solo una parte di essi, poi certi mammiferi tenuti per compagnia, quindi certi animali che sembravano simili agli umani, come le scimmie, poi i grandi mammiferi, poi tutti i mammiferi, poi tutti gli animali a sangue caldo, poi tutti i vertebrati e infine anche alcuni invertebrati».

81 Allegato I, parte A: Cani - Canis lupus familiaris, Gatti - Felis silvestris catus, Furetti - Mustela putorius furo; parte B: «Invertebrati [escluse le api e i bombi contemplati dall’articolo 8 della direttiva 92/65/CEE e i molluschi e i crostacei di cui, rispettivamente, all’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), punto ii), e lettera e), punto iii), della direttiva 2006/88/CE]. Animali acquatici ornamentali quali definiti all’articolo 3, lettera k), della direttiva 2006/88/CE ed esclusi dall’ambito di applicazione di tale direttiva dal suo articolo 2, paragrafo 1, lettera a). Anfibi Rettili Uccelli: esemplari di specie avicole diverse da quelle di cui all’articolo 2 della direttiva 2009/158/CE. Mammiferi: roditori e conigli diversi da quelli destinati alla produzione alimentare e definiti «lagomorfi» nell’allegato I del regolamento (CE) n. 853/2004».

82 La parte A dell’Allegato I riprende quella di cui alla nota precedente, mentre la parte B recita: «Invertebrati (eccetto api, molluschi appartenenti al Phylum Mollusca e crostacei appartenenti al Subphylum Crustacea) Animali acquatici ornamentali Anfibi Rettili Volatili: esemplari di specie avicole diverse da polli, tacchini, faraone, oche, anatre, quaglie, piccioni, fagiani, pernici e ratiti (Ratitae). Mammiferi: roditori e conigli diversi da quelli destinati alla produzione alimentare.»

83 A questo riguardo la campagna End The Cage Age - Basta animali in gabbia, cui hanno partecipato circa 170 ONG europee, ha raggiunto il risultato record di oltre 1 milione e 400 mila firme raccolte presso i cittadini europei.

84 Questi obiettivi —per l’appunto— sono stati oggetto, nel corso degli anni, di specifiche campagne da parte delle organizzazioni della società civile impegnate per la protezione degli animali, quindi rispondono alla sensibilità maturata presso la cittadinanza europea.

Received: August 24, 2022; Accepted: January 23, 2023

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